🇮🇹🎬La battaglia di Algeri - Film (1966) | Storia Vera | CiaoRinoTV | Felice 2025 | Barbuto Presidente
La battaglia di Algeri è un film del 1966 diretto da Gillo Pontecorvo, che ha acquisito il valore di un'opera di testimonianza e di rivisitazione dei fatti storici contemporanei.
Nel 1957, nella casba di Algeri, i paracadutisti francesi comandati dal colonnello Mathieu fanno irruzione in un appartamento dove è nascosto, in una nicchia camuffata da parete, il rivoluzionario algerino Ali La Pointe insieme ad un bambino, una donna e un compagno di lotta. Mentre i parà gli intimano di uscire senza opporre resistenza, lui rievoca il suo passato tramite un flashback che inizia nel 1954 ad Algeri quando viene arrestato dai gendarmi francesi per truffa ed aggressione ai danni di un cittadino francese e viene messo in prigione con alcuni patrioti algerini, dove assiste all'esecuzione mediante ghigliottina di uno di loro.
Cinque mesi dopo Ali evade dal carcere e ritorna nella casba. Un ragazzino di nome Omar gli recapita un messaggio in cui il Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) gli ordina di uccidere un gendarme, il quale raccoglie periodicamente informazioni da un barista algerino suo informatore. L'ordine categorico è quello di ucciderlo immediatamente ed alle spalle, ma Ali si lascia trasportare dalla foga e blocca il gendarme esprimendogli il suo disprezzo. Al momento di sparare, la pistola si rivela scarica e Ali, dopo essere riuscito a fuggire, viene convocato da colui che gli aveva assegnato la missione: si tratta di Saari Kader, uno dei capi del FLN, che gli spiega che il fallito attentato non era altro che una prova per verificare la sua fedeltà come combattente.
Ali viene messo al corrente della tattica che l'FLN intende utilizzare per iniziare la rivoluzione allo scopo di dare l'indipendenza al paese. Pochi giorni dopo viene emanato il comunicato n. 24, in cui è fatto totale divieto alla popolazione di Algeri di praticare il gioco d'azzardo, il consumo di droga, la prostituzione ed il suo sfruttamento ed il consumo di alcolici: ciò al fine di eliminare il fenomeno delle spie e della ricattabilità delle persone.
Il primo incarico ricevuto da Alì è quello di uccidere un boss della prostituzione, un tempo suo amico, in quanto rifiutatosi di obbedire alle direttive imposte dal FLN. Oltre alla moralizzazione degli abitanti di Algeri l'organizzazione mette in atto una serie di misure al fine di boicottare le leggi e la burocrazia francese, quali l'unione in matrimonio al cospetto della sola autorità islamica.
Una volta ripulita la casba l'FLN passa alla seconda fase, ossia quella della lotta armata. Il 20 giugno 1956 la città viene scossa da una serie di attentati, in cui trovano la morte alcuni gendarmi francesi. Viene inoltre assalito un commissariato di polizia, dal quale vengono trafugati dei fucili, e si susseguono scontri a fuoco nelle strade del quartiere europeo.
La reazione francese è immediata, ma i provvedimenti sono ancora sommari e riguardano ancora l'ordine pubblico e non lo stato di guerra: la casba viene recintata con del filo spinato e chiunque vi entri o vi esca deve esibire i documenti ed essere perquisito e, nel contempo, negli ospedali è fatto obbligo di segnalare alle autorità ogni ferito da arma da fuoco. Il 20 luglio vengono uccisi altri tre gendarmi e, mentre la polizia francese insegue gli assassini, i pieds-noirs, ormai in preda al panico, accusano degli omicidi un venditore ambulante che passava per caso nelle vicinanze e lo fanno arrestare.
Non è solo lo Stato francese a mobilitarsi contro la guerriglia ma anche un'organizzazione segreta, l'Organisation armée secrète (OAS), che si muove utilizzando essa stessa metodi terroristici: nella notte del 20 luglio alcuni componenti entrano nella casba, si dirigono nella zona abitata dall'uomo arrestato quella mattina e fanno esplodere una bomba che fa crollare un edificio causando molte vittime. Il risentimento popolare sembra esplodere ed Alì si dirige insieme ai suoi uomini verso i blocchi all'uscita della casba, ma Kader riesce, non senza fatica, a fermarlo, convincendolo a seguire le sue direttive.
La mossa successiva è portare il terrore nella popolazione e tre ragazze algerine, camuffate con vestiti e taglio di capelli occidentali, vengono mandate in tre punti diversi della città per fare esplodere tre ordigni in altrettanti locali pubblici, due bar e la sede dell'Air France. Il numero di vittime ed il ridursi della sicurezza nella città inducono il governo francese a rispondere con fermezza: il 10 gennaio 1957 viene inviata ad Algeri una divisione di paracadutisti, fino a quel momento impegnata a contrastare la guerriglia sulle montagne, per stroncare la rivolta. Il comando dell'operazione è affidato al colonnello Mathieu (ispirato alla figura del generale Jacques Massu)[5], un pragmatico militare con un passato di lotta contro l'occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale, nonché veterano della guerra d'Indocina.
L'FLN in un comunicato annuncia che l'ONU si sta interessando alla questione algerina e, per rendere tangibile all'opinione pubblica mondiale la dimensione della lotta di liberazione, organizza uno sciopero generale di otto giorni: tutti i lavoratori di Algeri si dovranno astenere dal lavoro. L'autorità militare francese intuisce lo scopo dell'azione, pur non contrastandola apertamente, in quanto, proprio grazie allo sciopero, si trova finalmente nella condizione di conoscere fiancheggiatori e simpatizzanti del FLN.
Alì non sembra d'accordo con lo sciopero preferendo un'azione di carattere diretto ma non fa obiezioni quando Alì Ben M'hidi, un importante ideologo dell'FLN, gli spiega le ragioni politiche dell'astensione dal lavoro, pur sottolineando che tutti coloro che aderiranno saranno identificati, dando la possibilità ai francesi di dare un volto ad attivisti, fiancheggiatori e simpatizzanti, mentre Mathieu, che ha dichiarato l'Operazione Champagne, comincia un'opera di disinformazione, sostenendo di fronte alla stampa che l'obiettivo dello sciopero non era la dimostrazione pacifica della forza numerica dei rivoluzionari ma l'insurrezione, annunciandone il fallimento, ironizzando sulla posizione di Jean-Paul Sartre a favore dell'indipendenza algerina e chiedendo alla stampa un appoggio ai fini di portare l'opinione pubblica francese a non sostenere la tesi di un'Algeria libera dalla colonizzazione; contemporaneamente l'ONU si astiene dall'intervenire direttamente nella questione algerina.
Durante lo sciopero i parà entrano nella casba rastrellando molti uomini che stanno scioperando, facendoli salire sui camion, costringendoli a lavorare coattivamente, e devastando anche i negozi di coloro che si rifiutano di aprirli. Hanno inizio gli interrogatori, condotti con metodi di tortura, e si inizia a procedere all'identificazione dei capi dell'organizzazione quali Alì e Kader, ma l'inerzia delle Nazioni Unite non ferma la lotta. Lo spirito di ribellione è simboleggiato da Omar, che prende un microfono ed incita i suoi compatrioti alla rivolta contro la Francia, provocando la reazione di alcune donne che cominciano a gridare contro i soldati.
Kader e La Pointe si rendono conto che i colpi inferti dall'autorità francese stanno smantellando l'organizzazione e mutano la loro strategia: i nascondigli dovranno essere cambiati continuamente ed i settori più duramente colpiti dovranno essere riorganizzati ma la continua sorveglianza dei soldati francesi all'interno della casba li costringe a fuggire e nascondersi, impedendogli sempre di più i movimenti.
Il 25 febbraio 1957 esplodono due bombe in un ippodromo e la rabbia immediata porta al tentativo di linciaggio di un bambino algerino che stava vendendo delle bibite, mentre pochi giorni dopo l'FLN soffre una grossa perdita: Alì Ben Mihdi viene casualmente arrestato e, il 4 marzo 1957, durante la conferenza stampa in cui Mathieu intende mostrarlo come un trofeo, non cede di fronte alle domande dei giornalisti che lo accusano di terrorismo, ribattendo con le sue motivazioni la necessità del popolo algerino di disporre di se stesso. Egli morirà nella sua cella, ufficialmente per suicidio, pochi giorni dopo la sua cattura.
Nelle carceri intanto proseguono le torture di cui anche la stampa viene a conoscenza, così come della strana morte dell'ideologo algerino, ed il consenso che l'armata francese aveva fino a quel momento sembra cominciare a venire meno, ma Mathieu non nega esplicitamente l'uso di metodi violenti (da lui definiti interrogatori e non torture), dicendo però chiaramente che i successi della sua operazione derivano proprio dall'uso di quei metodi e che la vera questione a cui rispondere è se la Francia deve o meno restare in Algeria.